Cateno Tempio | Chi
voglia scrivere di filosofia oggigiorno non può fare a meno di utilizzare la
parola ‘crisi’. Lo fanno tutti — almeno tutti quelli che contano: Sloterdijk,
Žižek, Badiou, Agamben… Ma a guardare bene lo fa pure chiunque per strada o al
bar, o perfino la casalinga che parla a dirimpetto, senza per questo che siano
filosofi. La crisi è il nostro luogo comune, quasi come l’inferno. Eppure è
diverso: la crisi avverte di un decadimento dello stato paradisiaco, ma come di
qualcosa ancora in moto, in divenire. Per contro, non si dànno inferi in fieri:
sono un punto morto, una meta, sono il luogo più basso. La crisi presuppone che
si può sempre continuare a cadere, che si può scendere ancora più giù di
qualche gradino. Quando questo movimento s’arresta e non ha più dove decadere,
è la catastrofe.
Ma con questo Vivere la filosofia Moreno Montanari ci
avverte della propulsione opposta che la crisi può scatenare, ovvero il
movimento ascendente — quasi una riconquista del cielo, come propone il